L'appello al padre

Intervento al 6° Rencontre internationale du Champ freudien su Traits de perversion dans les structures cliniques. 1990

Amelia Barbui

 

Pris dans une problématique homosexuelle et mis au pied du mur quant à une éventuelle paternité, l’analysant en appelle à Dieu dans un accès délirant, puis à l’analyste.

 

Un giovane di circa trent’anni si presenta al primo colloquio dichiarandosi omosessuale. Mi consulta, dopo un episodio delirante culminato nella certezza che “sarà padre”, per il timore che l’esperienza vissuta possa ripetersi. Vuole sapere cosa è successo e, inoltre, se potrà vivere con una donna e avere figli.

L’episodio delirante coincide con il momento culminante di una parantesi da lui definita di “conversione religiosa”. Afferma di non credere in Dio e, per quanto il padre e la madre si chiamino Giuseppe e Maria, il padre è ateo e la madre non è praticante.

Ricorda il primo rito religioso cui ha assistito: la comunione del fratello nella Chiesa della Pietà. Per l’occasione, il fratello, che intraprese la carriera militare, aveva una bomboniera con un giglio, segno della purezza, (uno dei temi del delirio) e aveva ricevuto moltissimi regali, cosa che lo aveva notevolmente ingelosito.

Lui, invece, fece la comunione tardi, all’età di tredici anni, in forma privata, ricevendo solo pochi doni. Non fu mai cresimato e non divenne dunque Soldato di Cristo. Durante il delirio, quando Dio gli chiedeva di essere pensato fino alla morte, rispondeva: “Non voglio essere tuo soldato, ma tuo servo”.

 

In seguito alla crisi delirante, giunta al culmine quand’era a casa del fratello, in sua presenza, fu ricoverato in ospedale. Lo accompagnarono il fratello e la cugina che erano andati a recuperarlo in cimitero, dove aveva voluto recarsi mentre stava andando dall’ex fidanzata, guidato dalla certezza che sarebbe diventato padre e che l’avrebbe sposata. Lo trovarono svenuto davanti alla statua della madonna. Era convinto di essere in procinto di morire, ne era un po’ dispiaciuto, ma si sentiva puro e ciò lo tranquillizzava.

La certezza di paternità, accompagnata da una sorta di orgasmo, si era a lui imposta con la sensazione che stava passando dall’altra parte, quella degli uomini da cui si era sempre sentito escluso per il fatto che, dice, gli uomini si sposano, mentre per lui era impossibile, a causa, del fratello che l’aveva iniziato all’omosessualità.

 

La crisi era stata preceduta dalla scoperta che la cugina, pur essendo amica dell’ex fidanzata, ne parlava male. Di fronte a ciò che aveva considerato un abominio, sentì di dover prenderne le difese. Si rivolse a Dio che lo consigliò di “recitare una parte” per smascherare la cugina di fronte all’ex fidanzata. Fatto ciò, cadde in uno stato di depressione e nuovamente si rivolse a Dio, per cercare di uscire dalla crisi, come aveva fatto altre volte, in circostanze analoghe.

La relazione con l’ex fidanzata era iniziata proprio dopo un episodio di depressione: una sera, al tempo in cui viveva da solo con il padre, sentendosi molto male le telefonò. Lei venne a prenderlo insieme ai suoi genitori che lo portarono a dormire da loro e, dopo qualche giorno ebbe inizio la loro relazione: un fidanzamento che coinvolse le famiglie.

Abbandonò bruscamente la fidanzata nel momento in cui si sentì attratto sessualmente dal padre di lei secondo quella che lui definisce una “forma di feticismo”: rovistava nella cesta della biancheria sporca cercandovi le mutande del padre della fidanzata e si masturbava annusandole.

I giorni che precedettero la crisi furono all’insegna della ricerca della purezza e alcuni segni, certe coincidenze di eventi, gli avevano fatto intendere che era sulla buona strada.

Una notte, di poco precedente l’episodio che lo portò al ricovero, aveva deciso di andare a dormire a casa del padre, pur sapendo che lui non c’era. Intendeva così mettere alla prova la sua fede, poiché in quella casa non era più riuscito a dormire da solo, da quando aveva fatto il seguente incubo: “Sento dei passi striscianti provenire dal corridoio, cerco di urlare, ma l’urlo si spegne in gola, cerco di accendere la luce ma non ci riesco”.

Quella sera non riuscì ad addormentarsi: sentiva la presenza del maligno in corridoio. Prese un piccolo vangelo per fare una sorta di esorcismo, ma non dormì. Al mattino andò a comunicarsi.

 

Durante il periodo della conversione andò a trovare la madre con l’intento di liberarla dal maligno che lui identificava nel disordine in cui lei viveva. Si recò da lei come rappresentante della Chiesa, ricoprendo la funzione del Vescovo che proprio quel giorno veniva commemorato. Aveva deciso di uscire da casa della madre alle sette precise e, pur non avendo più guardato l’orologio, quando fu in strada si accorse che erano le sette.

Interpretò ciò come un segno di Dio e dovette quindi ringraziarlo fermandosi, per questo, davanti ad una cappella in cui era rappresentata una Madonna sofferente poiché aveva assistito alla morte del Figlio - è una Madonna che lo ha sempre spaventato – ma si sentì cacciato perché impuro. Se ne andò e, cercando di seguire l’ispirazione, giunse davanti alla Chiesa della Pietà, ma anche da qui si sentì cacciato.

 

Un altro elemento cruciale riguarda la sera prima della crisi, durante la festa del Patrono, santo e soldato romano: cercava di riconoscere in qualcuno il volto del patrono e lo vedeva in tutti.

Era in preda a un’ansia di purezza in cui sentiva di doversi liberare dal demonio, ovvero dall’omosessualità.

 

L’insorgenza delirante si verifica, dunque, quando sente di non poter più sostenere la propria posizione omosessuale che svolge, nell’economia di questo paziente, una funzione stabilizzante e di supplenza.

Diversamente da Dio, noi non gli chiederemo certo di rinunciare all’omosessualità, a ciò che per lui costituisce un certo equilibrio, per quanto instabile.